La revisione dei prezzi negli appalti pubblici

Premessa

La materia della revisione prezzi è stata sempre connotata da un principio di specialità dei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni che ha, di base, fatto escludere l’applicabilità dei principi normativi del Codice civile, primo fra i quali quello recato dall’art. 1664, 1° co., in tema di appalto privato, secondo cui le parti (appaltatore e committente) hanno diritto di chiedere la revisione del prezzo pattuito se, per effetto di circostanze imprevedibili, si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d'opera tali da determinare una variazione in più o in meno del prezzo complessivo dell’opera superiore al 10% rispetto a quello convenuto.

La ratio alla base di questa “specialità” della materia è stata rintracciata dalla giurisprudenza nella tendenziale necessità di “restringere il margine di scelta “discrezionale” dell’amministrazione committente, vincolandola variamente a stringenti e ben definiti presupposti sostanziali e procedimentali (posti per lo più a tutela dell’economicità dell’azione amministrativa e per ragioni di controllo della spesa pubblica, nonché, guardando al profilo eurounitario, per ragioni di tutela della concorrenza e del mercato)”. La forte indicazione del legislatore euro-unitario a limitare i meccanismi di revisione dei prezzi degli appalti pubblici (e, più in generale, di modifica del loro contenuto) per evitare possibili effetti elusivi del meccanismo della gara, in danno della concorrenza, ha condotto la Corte di Giustizia ad affermare che le Direttive dell’Unione europea non ostano a norme di diritto nazionale che non prevedano la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione. Il principio è sicuramente valido anche alla stregua delle attuali Direttive sui contratti pubblici (Dir. 2014/24 UE Appalti; Dir. 2014/25 UE Settori Speciali; Dir. 2014/23 UE Concessioni), che si limitano a riconoscere ai Paesi dell’Unione la sola possibilità di prevedere modifiche ai contratti (anche) mediante clausole di revisione, chiare, precise e inequivocabili, nel rispetto dei parametri indicati. 

È stato quindi lasciato un limitato margine di scelta agli Stati membri in ordine a come regolare la tematica della revisione (e delle altre modifiche ai contratti in fase esecutiva), in ragione del fatto che la valutazione degli interessi pubblici interni coinvolti sia prerogativa esclusiva di ciascuno di essi. 

A tal riguardo, il Legislatore italiano ha, negli anni, bilanciato in modo non univoco le esigenze che inducevano a negare la revisione dei prezzi (cioè, contenere la spesa pubblica, evitare il dispendio delle risorse e, soprattutto, evitare che il corrispettivo del contratto subisse nel tempo aumenti in grado di sconvolgere il quadro finanziario iniziale) con quelle, altrettanto meritevoli, che invece la incoraggiavano (cioè, incentivare la partecipazione alle gare pubbliche evitando il rischio che vadano deserte, garantire la qualità delle prestazioni rese, l’efficienza dell’azione pubblica, la corretta esecuzione contrattuale e il conseguimento del risultato, principio oggi codificato). Ne è derivata una disciplina altalenante legata ai diversi contesti storico-economici e la conclusione che la revisione prezzi nei contratti pubblici sia attuabile solo in forza di norme speciali ad hoc o di espressa previsione contrattuale, laddove consentita. 

 

Di seguito si riportano il testo integrale della relazione unitamente alle relative slide, consultabili cliccando i seguenti link:

Avv. Anna Marcantonio - La revisione prezzi negli appalti pubblici - Parma 22.10.2025.pdf

Slides Revisione prezzi negli appalti pubblici Parma 22_10_2025.pdf